Il Rione Traiano

Le Origini del Nome

Il Rione Traiano fa parte del quartiere Soccavo. Questo quartiere, nascosto ai piedi della collina dei Camaldoli, un tempo ospitava una vasta e preziosa cava, rinomata per l’estrazione di tufo, pozzolana e piperno. Originariamente denominata Subcava, questa cava era una fonte primaria di rocce vulcaniche, impiegate nella costruzione delle residenze partenopee, sia delle classi agiate che di quelle meno abbienti.

 

L’influenza romana nell’area è stata significativa e duratura, come attestato dal ritrovamento di numerosi cippi miliari, pietre incise utilizzate dai romani per misurare le distanze. 

 

Tra queste pietre, alcune recano l’iscrizione del nome dell’imperatore Traiano, il quale dimorò in quel luogo nel I secolo d.C. In seguito a questo illustre imperatore, il quartiere prese il nome di Rione Traiano.

La Cementificazione

Nel 1958 ha inizio la cementificazione del Rione Traiano e all’interno di quello che fu un enorme fossato nasceva il Rione Traiano così come lo conosciamo oggi. 

 

In quegli anni, la vita nel Rione scorreva serena tra scuole pubbliche, servizi educativi, giardini pubblici e la serenità sul volto di chi risiedeva in un quartiere che viveva grazie e soprattutto all’indotto dell’ITALSIDER di Bagnoli.

 

C’è stato un lungo periodo durante il quale il Rione è stato il più importante quartiere proletario, simbolo di lotte operaie che si trasformarono in rivolte contro il padrone quando si decise di chiudere la fabbrica e lasciare migliaia di lavoratori in cassa integrazione.

 

L'Assenza dello Stato

Accadde così che in poco tempo quello che era un quartiere operaio si trasformò in un quartiere di “cassi integrati” che poi diventò un “quartiere di disoccupati” e che poi, infine, causa la totale assenza di uno Stato di diritto, divenne un quartiere “ad alta densità camorrista”.

 

Dagli anni 80 ad oggi, decine di famiglie si sono contese il territorio contribuendo ad alimentare uno storytelling sempre più grigio di un quartiere che vive sotto scacco della criminalità e, come è accaduto in altri contesti urbani di Napoli, quando la società mafiosa sostituisce lo Stato nella sua più banale ma preziosa presenza quotidiana la società civile perde ogni riferimento umano, culturale, emotivo e quindi perde ogni speranza nel vedersi proiettata in un futuro “libero” dal male.